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UN RICORDO SUI BEATLES, CARLO VERDONE RACCONTA....

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Emiliana De Fortis
view post Posted on 5/11/2012, 01:47





Scritti e ricordi : Ricordo dei Beatles a Roma - PRESO DAL SUO SITO UFFICIALE www.carloverdone.it/Default.aspx


C'è una cosa che amo fare spesso: tornare nella mia casa paterna quando non c'è nessuno.Mi piace aprire le porte delle stanze, ricordare com'erano quando noi fratelli abitavamo là. Sentire quell'odore inconfondibile di libri, tappeti e poltrone, sempre nello stesso posto, percorrere lentamente il lungo corridoio dove la solita mattonella, poco aderente, da più di cinquant'anni fa un leggero rumore di assestamento mentre ci cammini sopra. Questa "voce" e quegli odori mi illudono e mi rassicurano che il tempo lo posso sempre fermare nella casa dove ho trascorso trent'anni della mia vita.Sembra tutto immobile.Mi piace molto aprire i cassetti e ritrovare la penna del liceo,una lettera di raccomandazioni di mia madre,la foto in bianco e nero della prima fidanzata,noi fratelli in posa sotto l'albero di natale,una medicina scaduta,la chiave del mio primo motorino.

Ma pochi mesi fa', nell'aprire un cassetto al quale non avevo mai dato importanza,trovai l'oggetto più prezioso della mia adolescenza,quello che testimoniava il più bel periodo della mia vita:un grosso album di ritagli di articoli e foto.Il titolo era stato scritto da me a penna :The Beatles.

Una raccolta impressionante di foto di John,Paul,George e Ringo accompagnate da titoli fatti da me: "I più grandi del mondo", "Lennon immenso", "Le quattro meraviglie dell'universo"etc… Ma in una delle ultime pagine avevo scritto un titolo (che accompagnava una loro foto durante un concerto) che aveva un enorme significato e testimoniava qualcosa di molto profondo e anche spirituale: "Accompagnate i momenti più belli della mia vita". In quella frase c'era tutto lo spirito degli anni sessanta: felicità,risate,amici,ascoltare musica,fare musica. Ma soprattutto emozionarsi ad un brano che ti accompagnava per tanto,tanto tempo scandendo un'epoca colorata,allegra nella quale eri sempre innamorato. Ricordo che facevo a gara con la mia fidanzata quindicenne per superarla nell'allestimento di questi immensi album.Ma lei era più brava,perché il papà andava spesso a Londra e in America e le portava riviste pop introvabili.

Il suo album era certamente più prezioso del mio. Ma un giorno il mio di papà tornò da New York con una chicca che la stese secca senza parole: il manifesto originale del famoso concerto dei Beatles allo Shea Stadium di New York del 66. E, per farmi felice, ci fece aggiungere in stampa "With Carlo Verdone In Person". Ricordo che ci fu un'autentica processione di amici e compagni di scuola per ammirare il cimelio dei cimeli.Fui molto grato a mio padre per quel pensiero.Francamente non mi aspettavo da lui,professore serio e spesso severo,una simpatia per quei quattro. Ma mio padre andò oltre le mie attese, nonostante la mia bocciatura in quarta ginnasio con relativo blocco della paghetta e sequestro della batteria, con la quale suonavo con un gruppo.Mi chiamò nel suo studio per dirmi testualmente:"… Ho preso due biglietti per il concerto serale dei Beatles qui a Roma.Ci andremo insieme.E' un avvenimento storico molto importante,va visto." Quella comunicazione mi sbalordì.

Mio padre era giovane! Solo "un grande" poteva dire quella frase…. E le sue quotazioni, nonostante le sberle per la bocciatura,salirono enormemente. Vedere dal vivo quello che stavo incollando su un album ed ascoltando su un Philips ancora "mono",era la più grande emozione della mia vita.

Ben presto nacque un problema: come andarci vestito? Molti miei amici si stavano facendo crescere i capelli sopra le orecchie,altri avevano comprato i famosi stivaletti con la zip e il tacco lungo usati soprattutto da Lennon, altri optavano per una camicia a fiori, indossata spesso da Harrison. La mia ragazza,che aveva trovato con la sorella i biglietti per il pomeriggio,decise di mettersi una minigonna esagerata e di preparare un cartello con scritto."PAUL I LOVE YOU!" Io mi incazzai molto perché le mutande stavano a dieci centimetri dall'orlo ed ero molto geloso.

Nel frattempo continuavo, in fibrillazione, ad incollare foto e ritagli dei Beatles e su un articolo lessi: "I Beatles a Roma suoneranno per 40 minuti. Un milione al minuto il loro compenso." "Morté…" dissi. Io all'epoca con il mio gruppo, "The Sound's Players", prendevo al massimo ventimilalire per due ore. Il 28 giugno arrivò in fretta. Con mio padre decidemmo di non prendere la macchina per il gran caos ed arrivammo davanti all'Adriano, in Piazza Cavour,sudati fradici. Davanti ai nostri occhi un'immagine da colpo di stato: un centinaio di celerini con casco e manganello presidiavano l'intera area. Quattro automezzi idranti per disperdere la folla erano disposti strategicamente. Due ambulanze erano pronte con il segnalatore acceso e notammo perfino (ma che cavolo ci entrava…) un cappellano militare! In poche parole per quella Roma democristiana l'evento doveva apparire come qualcosa tra l'insurrezionale e l'isteria di massa. Non era un caso che in quell'epoca i "capelloni" venivano spesso circondati e riempiti di botte dai celerini solo perché sostavano su una piazza o su una scalinata.

A spintoni entrammo nel teatro. E mio padre,per una gomitata,perse subito gli occhiali.Rischiava di vedere il nulla per il suo astigmatismo. Ma alla fine ,tra centinaia di scarpe, glieli trovai con una stanghetta rotta.Prendemmo posto su un ottimo palchetto,avrebbero suonato sotto di noi. La platea era un immenso minestrone dove c'era di tutto:borghesi con figli,gruppi di capelloni indecenti, pariolini con i capelli lisci massimo fino alle orecchie, intellettuali con gli occhiali alla Pasolini. Improvvisamente intravedo Anna Magnani col figlio Luca. Guarda schifata quella massa urlante. Poi papà mi fa notare Rossella Falk che trova il posto occupato da una scalmanata che le fa il gesto di andarsene a trovare un altro. Le luci si abbassano di colpo e un urlo unico, infernale,si leva nel teatro. Esce il presentatore, Lucio Flauto.Una bordata di fischi ed urla coprono quello che doveva essere il programma della serata. La sua presentazione dura troppo e quello del palco accanto gli urla:" Ma parti cò a musica! Che ce fai nà conferenza?!!".

Fausto Leali,Peppino di Capri,i New Dada ed altri hanno l'arduo compito di aprire il concerto. Non si capisce una nota tale è il volume delle urla. Mio padre si mette paura e comincia a guardare l'orologio. Non fa altro che ripetere "Madonna,ragazzi!".Dalla platea cominciano i primi attacchi isterici e un ragazzo e una ragazza vengono portati via di peso dagli infermieri delle ambulanze come due indemoniati. Un panino colpisce in pieno volto un pompiere che guarda da dietro le quinte. Il pubblico vuole solo i Beatles e comincia ad urlare "Fuori! Fuori! Fuori!". Si ha la sensazione che i gruppi prima dei Beatles si sbrighino per andarsene il prima possibile. Riappare Lucio Flauto per annunciare la fine del primo tempo e che il secondo vedrà finalmente i Beatles. L'ennesimo panino dalla platea non lo prende per un soffio.

I venti minuti che precedono la loro esibizione sono incandescenti:nessuno riesce a star fermo col corpo, tutti fumano,tutti sudano. Ma all'ingresso di un tecnico che porta sul palco la cassa della batteria di Ringo Starr con la scritta The Beatles, scoppia un urlo assordante. Nel giro di pochi minuti il palco è pronto, gli amplificatori Vox accesi, le chitarre sistemate. Entrano accompagnati da un boato e attaccano subito una scatenata "Twist and Shout". La massa epilettica dell'Adriano contrasta con un'eleganza, uno stile ed un' autorevolezza che mai gruppo rock al mondo ha più avuto. In un completo nero, camicia bianca, cravatta nera e stivaletti, vediamo ed ascoltiamo l'inizio di una nuova èra non solo musicale ma soprattutto di costume. Lennon ha un berretto nero, di vaga memoria bolscevica, che lo rende ancora più "grande".

Seguono a raffica "I'm a loser"(con Lennon all'armonica), "A hard day's night", "Ticket To Ride", "I Feel Fine"…Se Mc Cartney e Lennon sorridono e si divertono, George Harrison se ne sta disciplinatamente concentrato e serio. Un po' come Ringo Starr che non perde un colpo ed è l'unico a muovere la testa ritmicamente facendoci ricordare che "la zazzera" l'hanno inventata loro. Piano piano le grida e i pianti isterici rischiano di sommergere i brani che fatichiamo a riconoscere. Ma ecco, improvvisamente, gli accordi di una canzone per noi nuova, meravigliosa, potente "She's a woman". E' il delirio più totale. Un cretino dietro di me urla:"Io che l'ho!!!". "Ma che cazzo c'hai se la stanno a fa' a adesso…"gli risponde un capellone grasso. Ormai siamo tutti in piedi, saltiamo, battiamo con le mani il ritmo.

Mio padre prende appunti su un taccuino per un articolo ma riceve una gomitata ogni due secondi e alla fine non si leggerà un cavolo di quello che ha scritto. Durante quello che doveva essere l'ultimo brano (che non ricordo), un pazzo scatta dalla sedia e monta sul palco. Si avventa verso Lennon e gli frega il berretto. Quattro della sicurezza lo bloccano e lo gonfiano di botte portandolo dietro le quinte. E'la fine! I Beatles, terrorizzati, buttano gli strumenti sul palco e scompaiono per sempre. Il ciccione dietro di me commenta lapidario:"Aho',do' te volti e te giri c'è sempre no' stronzo…". Finiva così bruscamente, dopo quaranta minuti "l'evento degli eventi". Era il primo concerto rock che vedevo e dentro di me sapevo che ne avrei visti altri cinquecento. Era solo l'inizio di un'epoca: piena di note, di colori ,d'ispirazioni, di creatività, di amori nati per una canzone, di provocazioni, di illusioni…Erano i nostri anni 60'.
 
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